Lezioni americane

Italo Calvino
Nel 1984 Calvino venne invitato dall'università di Harvard a tenere le Charles Eliot Norton Poetry Lectures, sei lezioni che però rimasero incompiute a causa della sua morte avvenuta nel 1985. La libertà nella scelta del tema lo portarono a cercare qualcosa che potesse tornare utile a dei giovani studenti che di lì a poco avrebbero finito i loro studi per uscire dal loro angolo di sicurezze e certezze della famiglia e dell’università per entrare nel mondo vero e proprio diventando protagonisti in una società che si avvicinava al nuovo millennio. Così ha destinato a noi tutti un agile vademecum, perché la vecchiezza del mondo con il suo carico di problemi e di angustie non ci trovi impreparati.

Le sei proposte per il nuovo millennio di Calvino
Se molti sono i valori che nel declino della civiltà rischiano di andare dispersi, agli occhi di Calvino ce n’è uno, irrinunciabile, che li riassume tutti: “Il mio disagio è per la perdita di forma che constato nella vita”. I suoi consigli riguardano dunque la forma ma anche la vita, e se sono rivolti in primo luogo agli scrittori, non possono lasciare indifferente chi delle lettere non fa professione: la “Leggerezza” (1), la “Rapidità” (2), l'“Esattezza” (3), la “Visibilità” (4), la “Molteplicità” (5) (sono questi i temi delle conferenze che Calvino si accingeva a tenere all’Università di Harvard. L'ultima, la Consistenza” (6), non è riuscito a terminarla) dovrebbero in realtà informare non soltanto l’attività degli scrittori ma ogni gesto della nostra troppo sciatta, svagata esistenza.






“La mia fiducia nel futuro della letteratura consiste nel sapere che ci sono cose che solo la letteratura può dare coi suoi mezzi specifici. Vorrei dunque dedicare queste mie conferenze ad alcuni valori o qualità o specificità della letteratura che mi stanno particolarmente a cuore, cercando di situarle nella prospettiva del nuovo millennio.”

Quella che Calvino ci propone è una severa disciplina della mente, temperata dall'ironia e da una sempre vigile consapevolezza della parzialità e provvisorietà di ogni metodo d’indagine e di conoscenza. La poetica implicita in queste “lezioni” non è prescrittiva ma problematica. Il contrario di ogni virtù letteraria, di ogni “valore da salvare” non è un vizio, ma un’altra virtù, forse non meno raccomandabile di quella che Calvino sta esaltando: l’unico vero, imperdonabile vizio essendo l’indifferenza nei confronti della perfezione. Quello che qui ci viene offerto è anche un raro esempio di poetica “raccontata”, fatta di divagazioni, di memorie, di squarci autobiografici.

Sensibili a ogni sollecitazione della scienza e del mito, aperte a ogni più contraddittoria esperienza, queste riflessioni di Calvino sull'arte come conoscenza vertono in ultima analisi su un unico tema, quello delle “connessioni invisibili”: una volta scoperte dal suo sguardo attento e affilato rendono trasparente l’opacità del mondo.
Le stesse che mettono in comunicazione passato e il presente, i ricordi più lontani influenzano il nostro agire. La memoria e i ricordi ci guidano verso il futuro.

“Così, a cavallo del nostro secchio, ci affacceremo al nuovo millennio, senza sperare di trovarvi nulla di più di quello che saremo capaci di portarvi.

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