Memoria


Cos’è la memoria? Bergson ritiene esista una memoria osservabile empiricamente e una memoria pura non soggetta a memorizzazioni per imperfezioni o disturbi cerebrali. Questi possono invece incidere sul ricordo attuale interpretato come inserimento della memoria nel corpo. La memoria così non appare come flusso che dal presente porta al passato ma piuttosto come attualizzazione del passato che reagisce e impronta di sé l’esperienza presente.

"Saturno devorando a su hijo", 
Francisco de Goya (1821-1823)

La memoria nell'antichità greca


A questa è possibile contrapporre una visione negativa, quella della memoria intesa come ricordo del tempo trascorso, come percezione dell’incombenza e dell’angoscia della morte, visione presente nella cultura greca che vedeva il tempo come un Dio tiranno, Kronos, chiamato anche Saturno dai Romani, che si cibava dei suoi figli.

La memoria secondo Calvino

Una domanda sorge spontanea: un uomo può essere tale in quanto ha memoria?
Calvino nelle sue “Lezioni americane” dà una risposta ad una domanda analoga: chi siamo noi, chi è ciascuno di noi se non una combinatoria d’esperienze, d’informazioni, di letture, d’immaginazioni?
“Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario d’oggetti o di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili.”
Ma forse la risposta che avrebbe voluto dare è un’altra: magari fosse possibile un’opera che ci permettesse di uscire dalla prospettiva limitata d’un io individuale per far parlare ciò che non ha parola: il mondo.
Al contrario di chi sostiene che l’immaginazione sia strumento di conoscenza, questa è invece per Calvino l’unico strumento che permette all'uomo di comunicare con l’anima del mondo, idea che verrà ripresa dalla corrente surrealista che la metterà in correlazione con sogno e memoria.
Immagine correlata
Giuseppe Arcimboldi, Il Bibliotecario (1566)
Tra i Surrealisti salta subito in mente il pittore spagnolo Salvador Dalí con il suo celebre quadro “La persistenza della memoria”, un’opera in cui esprime la sua concezione di spazio e di tempo. Particolarmente carichi di significato sono gli orologi: su uno di questi, ad esempio, si trova una mosca, simbolo della morte.
E di questo parla Calvino citando nel suo libro Belli: “la morte sta nascosta negli orologi”. Sicuramente non sbaglia dicendo questo, poiché anche quando il corpo muore, continuiamo a vivere nella memoria dei cari e di coloro a cui abbiamo lasciato un segno. Moriamo veramente solo quando non resta più niente di noi, neanche il ricordo.
La memoria sta però perdendo questa sua funzione principale.
Oggi siamo sommersi da una tale quantità di immagini prive della necessità interna che dovrebbe caratterizzare ogni immagine. Quindi “la memoria è ricoperta da strati di frantumi di immagini come un deposito di spazzatura, dove è sempre più difficile che una figura tra le tante riesca ad acquistare rilievo”.
Questa peste colpisce anche la vita delle persone e la storia delle nazioni, rende tutte le storie informi, casuali, confuse, senza principio né fine. Il disagio di Calvino è per la perdita di forma che constata nella vita. Ed è per questo che secondo lui c’è bisogno di esattezza, di evocare immagini visuali nitide, incisive, memorabili.

Memoria e ingegneria

Questa è quella che dovrebbe essere la filosofia di vita di qualsiasi ingegnere: non cercare risposte nei sentimenti degli uomini, ma creare qualcosa di solido guardando il mondo che lo circonda usando la propria esperienza e quella di chi l’ha preceduto. Qualsiasi tipo di conoscenza viaggia nel tempo per mezzo della memoria e l’uomo la custodisce dentro di sé, facendone tesoro e sfruttandola quanto più è necessario.

L’ingegnere è un esempio di uomo capace di servirsi dei mezzi a propria disposizione per entrare in contatto con il mondo; partendo dall'astrazione è capace di creare qualcosa di tangibile. Una vaga idea, qualcosa che fino a quel momento si vede solo nei sogni, piano piano si trasforma in un’immagine nitida, un progetto che deve essere trasformato in materia. Proprio attraverso questo processo l’ingegnere può segnare il mondo in modo permanente.

E così come Borges realizza la sua apertura verso l’infinito senza la minima congestione, l’ingegnere non deve solo guardare indietro ma anche avanti, deve trovare alle problematiche dell’era in cui vive, soluzioni a lungo termine che gli permettano nel frattempo di dedicarsi sempre a problemi nuovi, senza lasciare però nulla al caso, indirizzando il tempo, un tempo plurimo e ramificato in cui ogni presente si biforca in due futuri, in modo da formare una rete crescente e vertiginosa di tempi divergenti, convergenti e paralleli, verso il futuro che più vorrebbe diventasse presente.


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