Memoria nell'antichità greca
Mnemosine, la dea della memoria |
La presenza di un Dio a
sovrintendere alla memoria, significa ed implica la consapevolezza della
funzione fondamentale del rimembrare come fattore di cultura e garanzia della
storia dell’uomo che è posta sotto il volere della divinità.
In questa consapevolezza della
funzione essenziale del rievocare, ricordare, rimembrare rientra la definizione
propriamente greca di due tipi di memoria: individuale e collettiva.
Ma per i Greci la memoria Mnemosine è
soprattutto il carattere distintivo del gruppo, dell'ethnos, del popolo, suo
elemento fondamentale di individuazione ed identità.
La cultura della memoria nel mondo greco
riveste una serie di particolarità che si integrano con l’altra prerogativa o
auspicio di attribuire alla memoria funzione di stimolo dinamico alla evoluzione del gruppo sociale e dell’umanità: la dimensione
di memoria come fenomeno collettivo.
La dea Mnemosine è madre delle
Muse alle quali appartiene la facoltà di dire ciò che è stato, che è e che
sarà. Questa capacità, ereditata dalla madre, mette in risalto il paradosso
della memoria che legge il futuro, che alla fine tanto paradossale non è.
La memoria non dovrebbe essere
il ricordo del passato, ma la memoria culturale e collettiva serve ad
interpretare il presente ed a prevedere, progettare, decidere il futuro, è il
simbolo dinamico del flusso incessante, inesorabile del tempo.
Ma la complessità della cultura greca ha inventato anche il mito dell’oblio.
Nell'Odissea il fiore di loto causava la perdita della memoria di chi se ne cibava. |
Per i Greci la memoria è un
sistema d’identità che si realizza attraverso il divenire, la trasformazione.
Occorreva tuttavia trovare un punto di equilibrio tra queste due forze: la memoria come persistenza, la memoria come trasformazione.
Questo punto d’equilibrio fu
segnato forse dall'invenzione della scrittura. Il mondo greco inventa il
sistema della letteratura come entità autonoma realizzando il presagio di quei
poeti antichissimi, Omero ed Esiodo, che vedevano nelle Muse, figlie di Mnemosine,
il tramite tra passato, presente e futuro.
Come scrisse l'intellettuale latino Seneca nel “De brevitate vitae”, solo chi si dedica all'otium è il vero saggio, ovvero colui che controlla il passato, attraverso la memoria e il confronto con i grandi spiriti di quel tempo, il presente, che egli vive intensamente donandosi alla sapientia, e il futuro, che è capace di prevedere.
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